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Quanti errori caro Paolo Brera. di Marco Cavedon. Commento di Marco Cavedon all’articolo pubblicato dall’economista Paolo Brera sul Giornale di Vicenza in data 21/07/2013, dal titolo “Più Tasse o Meno Spesa Pubblica” ? Paolo Brera. Il disavanzo pubblico deve diminuire, questo è certo. Ma per farlo è meglio tagliare la spesa o aumentare le tasse ? Tagliare la spesa, ormai l’hanno capito anche i sassi...meno forse quelli che stanno al governo e vivono delle nostre tasse.” Marco Cavedon. Mi stupisce tanta facile retorica contro la politica da parte di un economista di cui nutro una certa stima come Paolo Brera, senz’altro persona intelligente e non sempre allineata al pensiero neoclassico economico mainstream. Ma cosa incidono veramente i costi della politica a livello della macrocontabilità di uno stato come l’Italia ? Assai poco in realtà, anche se è pur vero che nel nostro paese le spese per la politica sono più elevate rispetto molti altri stati. Per il funzionamento dell’intera macchina statale (inclusi comuni, province, amministrazioni varie, camera, senato, ecc.) le spese ammontano a meno di 6 miliardi complessivi l’anno, contro gli oltre 45 miliardi di Euro che lo stato deve raccogliere ogni anno per rispettare i parametri del Trattato Fiscal Compact che il nostro parlamento ha sottoscritto, nel corso della scellerata strada intrapresa ormai da vent’anni per la svendita della ricchezza e del patrimonio italiani alle elite finanziarie e alle grandi industrie soprattutto franco-tedesche. Tagliare la spesa pubblica e lasciare le tasse invariate riduce il deficit pubblico, ma con la riduzione della spesa a deficit da parte del governo (che chiameremo G) noi settore non governativo (cittadini ed aziende) avremo al netto meno ricchezza finanziaria disponibile e quindi meno domanda aggregata che causerà un’ulteriore deflazione della nostra economia. Secondo i bilanci settoriali dell’economista britannico Wynne Godley, la spesa a deficit di un soggetto corrisponde matematicamente al risparmio (surplus di bilancio) di un altro settore, in questo caso il non governo (NG per semplicità). Paolo Brera. Nella concezione Keynesiana, i soldi che lo stato spende senza averli in tasca sono una specie di manna: la maggior domanda aggregata stimola l’offerta e dunque il reddito. Peccato che la domanda aggiuntiva possa benissimo indirizzarsi verso l’estero, lasciando a bocca asciutta i produttori nazionali. In più il deficit deve essere finanziato e questo innalza i tassi di interesse, scoraggiando gli investimenti che creano occupazione. Marco Cavedon. Sono ancora una volta stupito dalla maniera semplicistica con cui anche bravi economisti sono soliti banalizzare le cose, Keynes era tutt’altro che uno sprovveduto. Anche qualora l’intera spesa a deficit del governo (G) fosse utilizzata da NG unicamente per comprare beni e servizi presenti tutti all’estero (impossibile), per godere di quei beni e servizi avremo poi bisogno internamente di reti di distribuzione, infrastrutture per il trasporto, attività di servizio quali manutenzioni, officine, concessionari, ecc, pertanto non si può certo pensare al settore interno e estero come due compartimenti stagni, dal momento in cui le varie realtà interagiscono tra loro per tutti gli aspetti. Per quanto concerne il deficit dello stato, Paolo Brera, come la quasi totalità degli economisti sia neoclassici che non, purtroppo non conosce il meccanismo dei sistemi monetari e la sua analisi si dimostra fallace per il fatto che non presenta alcuna distinzione tra uno stato a moneta sovrana fiat e uno stato che ha rinunciato a tale prerogativa e finanzia tutte le sue spese come un qualunque soggetto privato all’interno di NG. Lo stato a moneta sovrana è il monopolista della valuta, l’unico e il primo che può crearla al netto e spenderla immettendola all’interno di NG e non necessita affatto né delle tasse né tantomeno dei titoli per compiere tale operazione. Le tasse in uno stato a moneta sovrana sono un mezzo con cui il Governo regola l’economia, alzandole se questa si surriscalda, abbassandole per consentire maggiore domanda aggregata nel caso di una crisi in atto. Come non è affatto vero che lo stato a moneta sovrana necessiti dell’emissione dei titoli per poter spendere ciò che lui è il solo a poter emettere al netto e per primo. I titoli in verità servono per drenare gli eccessi di riserve che si vengono a creare all’interno del settore bancario con la spesa a deficit da parte dello stato, al fine di innalzare il tasso di interesse interbancario a breve termine che altrimenti tenderebbe a zero. La spesa a deficit da parte dello stato a moneta sovrana pertanto non innalza affatto i tassi di interesse che sono decisi dal settore governativo, anzi, li abbassa man mano che sale. L’Italia da oltre 10 anni purtroppo utilizza una moneta di fatto straniera che non può emettere e pertanto ha rinunciato alle importantissime prerogative di cui sopra. Paolo Brera. Bisogna rientrare dal debito dello stato: per l’Italia i mercati finanziari percepiscono un rischio maggiore che per paesi più prudenti ed esigono maggiori interessi – soldi che vengono a mancare per le infrastrutture e poi per l’istruzione, lo Stato sociale, la cultura e altre degnissime voci di spesa. Marco Cavedon. L’effetto della riduzione del debito pubblico promossa dal Trattato Fiscal Compact sarà una deflazione della durata di 20 anni della domanda aggregata interna, in quanto, come già sopra accennato, il deficit del settore governativo corrisponde al centesimo al surplus del nostro settore non governativo. A questo punto il settore NG avrà due possibilità, entrambe ahimé fallaci: 1) ricorrere all’indebitamento privato per sopperire alla mancanza di ricchezza finanziaria un tempo fornita da G, ma ciò causerà ulteriormente un aumento dei tassi di interesse che ancor di più scoraggerà gli investimenti. 2) Ricorrere al modello del super export di paesi quali la Germania e la Cina che però farà sì che i salari dovranno essere deflazionati per la competitività dei prodotti nel mercato globale e ciò abbatterà la domanda interna, il benessere e lo stato sociale della popolazione italiana e in Germania oggi vediamo i risultati di tali politiche portate avanti dal 2000. Anche in questo caso la vera soluzione per non subire i ricatti dei mercati dei capitali è quella dell’adozione di una moneta sovrana che il governo italiano senza vincoli possa utilizzare per rilanciare l’economia interna mediante la spesa a deficit positiva per creare lavoro ed occupazione. Al contrario oggi noi stato ex sovrano dobbiamo attuare la spesa a deficit negativa, cioè spese del tutto improduttive per la sopravvivenza delle classi meno agiate che hanno perso il lavoro o vivono comunque in condizioni al margine della società e ciò può realmente risultare inflattivo (immissione di denaro nella società senza corrispettivo innalzamento della produzione di beni e servizi). Paolo Brera. Il punto però è che con i tagli si otterrebbe una ripartizione delle risorse più accettabile. I beneficiari degli sprechi di Stato non sono molto motivati…l’ingiusta redistribuzione delle risorse operata dalla Casta….proprio questa è il più grande problema dell’oggi. Marco Cavedon I tagli non consentirebbero affatto una più equa redistribuzione delle risorse, semplicemente convincerebbero i mercati dei capitali a prestarci i soldi a tassi minori (ipotesi) ma il denaro che comunque lo stato farebbe circolare all’interno del settore non governativo sarebbe il medesimo nella migliore delle ipotesi, in quanto ad un abbassamento delle tasse per pagare gli interessi sul debito corrisponde anche un abbassamento della spesa. Di fatto sarà di sempre minore con la riduzione del deficit pubblico. Moralmente è giusto sempre condannare gli sprechi ed adoperarsi per una migliore qualità della spesa, ma il falso mito della Casta va sfatato perché il vero problema oggi è che lo stato spende molto per le rendite finanziarie parassitarie dei mercati dei capitali, non certo per i privilegi della Casta. I dati della Ragioneria dello Stato ci dicono che l’Italia storicamente è sempre stato tutt’altro che lo stato spendaccione che si vuole far credere: dagli anni ’60 alla fine degli anni ’80 la spesa totale dello stato in rapporto al PIL è sempre stata minore della media europea, per poi salire lievemente negli anni ’90 fino ai giorni nostri ma comunque sempre di poco superiore rispetto la media degli altri paesi d’Europa, mentre per quanto riguarda la spesa primaria (al netto degli interessi) sul PIL delle pubbliche amministrazioni essa è stata sempre molto contenuta rispetto ad altri paesi cosiddetti virtuosi come la Germania e la Francia. Ciò per ribadire che il problema oggi non è rappresentato affatto dall’eccessiva spesa dello stato, bensì dall’eccessiva spesa per interessi che salgono non tanto per colpa della Casta, quanto per colpa delle speculazioni con i derivati nei mercati OTC operati dai veri detentori del debito dei paesi PIIGS, che sono soprattutto Francia e Germania, due realtà che storicamente hanno sempre cercato di affossare la nostra economia e che con l’introduzione dell’euro ci hanno di fatto privato di ogni strumento di difesa. La vera colpa della Casta è quella di aver venduto il nostro paese ad interessi sovranazionali contrari al benessere della nostra popolazione. Marco Cavedon Coordinatore Gruppo Territoriale Veneto Mosler Economics – Modern Money Theory (scuola economica post keynesiana) Comment
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Scritto
in codice HTML da Marco Cavedon in data 31-01-2014
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