Sovranità, libertà, piena
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mercati finanziari temono il tasso di cambio fluttuante. Ecco
perché il sistema rimane in piedi. (di Elisabetta Uccello, postato il 02/11/2017) Ci viene spesso ripetuto meccanicamente dai sostenitori della moneta
unica europea che l’uscita dall’euro ed il ritorno ad una valuta nazionale ad
un tasso di cambio fluttuante avrebbero delle terribili ricadute sull’
economia reale…….. -
Oddio quanto ci costano
le materie prime in valuta deprezzata -
Oddio se la valuta nazionale si
apprezza tutti corrono a comprare
merci all’estero perché costano meno e allora le nostre
aziende chiudono -
Oddio ma magari la nostra valuta non viene più accettata all’estero….. Premesso che tutte queste paure sono infondate, adesso vedremo perché e’
importante sottolineare e prendere consapevolezza del fatto che sono timori
utilizzati solo per distogliere l’ attenzione dalla questione principale. Non riguarda l’economia reale ma l’ economia
finanziaria. La paura è che
il tasso di cambio fluttuante non garantisca certezza agli investitori
internazionali che cercano di trarre profitto
dall’acquisto e dalla vendita di strumenti finanziari denominati in valute
liberamente convertibili. Certezza di cosa? Che i loro investimenti non
vengano penalizzati dalle variazioni dei tassi di cambio. L’interesse alle conseguenze negative sull’economia
reale (infondate) è solo uno scudo con cui giustificare il sostegno alla
natura dell’euro, che in quanto regime di cambi fissi fra ex valute sovrane è
assolutamente paragonabile all’oro. Con in più l’aggravante che a differenza
dell’oro, la cui quantità poteva aumentare in aggregato con la scoperta di
nuovi giacimenti, l’emissione di euro è esclusivamente controllata dalla BCE
che come suo scopo ha il mantenimento di un tasso d’inflazione sotto il 2%. Per
realizzare costantemente questo obiettivo la quantità di moneta euro in circolazione nell’economia reale
dev’essere sempre scarsa rispetto alla capacità produttiva, cioè alla
capacità di produrre beni e servizi. Quindi alta disoccupazione e
sottoccupazione. Precisiamo perché le paure trasmesse al
popolo sopra riportate sono infondate: -
Materie prime: considerando esclusivamente il costo delle
materie prime sul prodotto finito vediamo che questo incide attualmente sul
prezzo finale meno della percentuale di tassazione che il produttore deve
caricare; questo è il risultato dell’appartenenza
all’eurozona che costringe gli stati ad applicare ai produttori una
tassazione molto alta. Il coefficiente di trasferimento (pass-through)
è l'intensità con cui una variazione del tasso di cambio si trasferisce sul
prezzo dei beni nazionali. Il timore di un drastico aumento dei prezzi
del prodotto finale dovuto ai maggiori costi delle materie prime a causa del
deprezzamento della valuta è infondato, in quanto sul prezzo finito incidono
costi di lavorazione e tasse ed imposte che uno stato a moneta sovrana ha
tutto l’interesse a regolare in
funzione dello sviluppo della struttura industriale interna. -
Se la valuta nazionale si apprezza
rispetto ad un’altra difficilmente ci sarà la corsa all’acquisto
esclusivamente di prodotti esteri più convenienti innanzitutto perché, grazie al miglioramento delle condizioni
lavorative e sociali sostenute da una repubblica a moneta sovrana, il
cittadino potrà scegliere la qualità della produzione locale, senza
essere costretto da uno stipendio misero e deflazionato come quello ormai
usuale in eurozona a scegliere solo il prodotto meno costoso. Nulla impedisce
inoltre ad uno stato sovrano di poter applicare dazi alle importazioni se una
politica di forte export neomercantilistico da parte degli altri stati
mettesse in pericolo la produzione nazionale, posto che comunque è sempre
possibile investire nel settore dei servizi meno soggetto a concorrenza. -
Una valuta nazionale viene accettata
a livello internazionale in base alle caratteristiche economiche e sociali
del paese in questione. Cioè: una
valuta è considerata affidabile se l’economia del paese e’ strutturata in
direzione della piena produzione, piena occupazione e c’è uno stato sociale
forte in cui i servizi essenziali siano garantiti a tutti, in modo che chiunque
abbia la possibilità di partecipare col proprio lavoro al pieno sviluppo
economico e sociale del paese. Tutti hanno interesse a consolidare rapporti
commerciali con un paese industrializzato con dette caratteristiche. Ed agganciandoci proprio a quest’ultimo
punto verifichiamo che… -
Le valute sono richieste negli
scambi internazionali da investitori nell’economia reale che valutano
generalmente che profitto otterranno in un paese in base alla solidità di
quell’economia. Questa è dovuta appunto ad uno stato che si pone come datore
di lavoro di ultima istanza e assicura prosperità e benessere, oppure (in
secondo luogo) ad operatori finanziari che investono in titoli di stato emessi
da un governo sovrano, che ne controlla i tassi d’interesse ed è sempre
solvibile. Riproponiamo il dubbio…..perché ai mercati finanziari interessa
che l’euro sia strutturato come un regime di cambi fissi fra valute ex
sovrane? Perché così essi
proteggono le loro operazioni dalle variazioni del tasso di cambio. Chi sono i ‘’mercati finanziari’’ ? Sono gli operatori che acquistano e vendono
titoli di stato nel mercato primario (prima emissione) e secondario (già in
circolazione) e scambiano valute sul Forex (mercato moderno dei cambi
valutari, nato nel 1971). In tutti i casi si tratta sempre di fondi
d’investimento, fondi pensione, compagnie di brokerage, banche commerciali, investitori privati. Al mercato secondario
partecipa anche la BCE, che dall’entrata in vigore del Quantitative Easing
compra i titoli di stato già acquistati nel primario dalle grandi banche
autorizzate ad accedervi. Al Forex partecipano
sia gli investitori privati che le banche centrali dei singoli stati per gli
scambi di valuta nazionale. Ma come fa l’euro,
nonostante le politiche di austerità sostenute dall’UE che ne decretano la
scarsità nell’economia reale, ad essere ancora così richiesto a livello
internazionale? In eurozona gli
strumenti finanziari in euro sono richiesti perché non sono soggetti alle
variazioni di cambio, mentre la rarefazione della valuta ne causa
l’apprezzamento. Consideriamo anche
che multinazionali quotate in borsa traggono da questo sistema maggiori
profitti, grazie anche alla svalutazione del lavoro (stipendi ridotti) e all’acquisizione
di materie prime a costi minori. Internazionalmente
la BCE cerca di controllare il tasso
di cambio col dollaro continuando a sostenere politiche di austerità che sono
insistentemente deflazionistiche dei salari, in modo tale da continuare ad
incentivare l’export di beni a prezzi competitivi. Solo con la perpetua svalutazione
dei salari si può mantenere la
bilancia dei pagamenti con l’estero attiva ed allo stesso tempo l’euro forte. Fino a quando reggerà
questo fragilissimo e folle sistema ? Comment
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